«Per me la messa alla prova è stata una enorme sfida
contro me stesso e i miei limiti; per me la messa alla prova è stato guadagnare libertà che non avevo da tempo,
ma anche ricevere altre limitazioni; per me la messa alla prova è stato conoscere nuove persone; per me la messa alla prova è stato un insieme di emozioni,
paura ma anche gioia; per me la messa alla prova è stato duro lavoro,
fatica e determinazione; per me la messa alla prova è stato anche un certificato medico
di esaurimento nervoso; per me la messa alla prova è stata attività socialmente utile; per me la messa alla prova è stata costanza;
per me la messa alla prova è stato cambiare mentalità; per me la messa alla prova è stato l’inizio di un nuovo ciclo,
come piantare un seme che poi crescerà: per me la messa alla prova è stata la base
per la vita che inizio a vivere da oggi in poi».
Queste le parole che Guglielmo (nome di fantasia), al termine del suo percorso di MAP, ha deciso di mettere nero su bianco, per dare testimonianza dell’esperienza vissuta.
Che cosa è la messa alla prova minorile?
È una misura presente all’interno del sistema giudiziario minorile, D.P.R. 448/88, avente come obiettivo la responsabilizzazione del giovane reo, rispetto all’azione commessa, e proteggere il percorso evolutivo di crescita del minore.
Nel sistema giudiziario italiano, l’applicabilità della MAP è svincolata dalla tipologia del reato commesso, a differenza della maggior parte degli altri ordinamenti e può essere disposta anche in procedimenti per omicidio, violenza sessuale o altri gravi reati, previsti dall’ordinamento penale.
La gravità del reato incide sulla durata della messa alla prova:
- limite di un anno, per i reati punibili con una pena inferiore a dodici anni;
- massimo tre anni, per i reati punibili con una pena non inferiore a dodici anni.
Risulta importante, per la sua efficacia, la continuità educativa e l’attitudine responsabilizzante del processo stesso, ossia stimolare e promuovere, nel minore, competenze autoregolative, auto-osservative, collegate ai principi della comunità sociale. Nel 2018, i minori di nazionalità italiana in MAP costituivano l’81%, mentre i minori stranieri non accompagnati (MSNA) hanno costituito il 19%.
La giustizia minorile è caratterizzata dalla progettualità, volta a prevenire e a controllare azioni di disagio e devianti, interrompendo gli atteggiamenti nocivi al minore stesso, destrutturando e ristrutturando i comportamenti quotidiani.
La sospensione del processo e la messa alla prova costituiscono un modello nuovo ed efficace, per allontanare il più possibile l’entrata del minore dal sistema punitivo penitenziario, in cui gli effetti della stigmatizzazione sarebbero più profondi e devianti, nella fragile costruzione identitaria dell’adolescente. Ciò è testimoniato da una minore percentuale di esiti negativi e numerosi casi con esito positivo ed estinzione del reato.
MAP minorile: focus sulla flessibilità
Il punto di forza della MAP, dal punto di vista pedagogico, è la sua flessibilità. Il progetto MAP è strutturato secondo le esigenze specifiche del minore, prendendo in considerazione il contesto in cui egli è posto, le relazioni familiari e amicali, le possibili situazioni di disagio economico, l’uso di sostanze, problematiche di tipo psicologico o fisico. È importante che il minore sia co-costruttore, insieme ai servizi sociali, del contratto MAP. La flessibilità permette alla MAP di essere considerata uno strumento, non meramente formale, ma adattabile alle specificità dell’individuo in crescita.
Le verifiche prima, durante e post progetto rimangono momenti fondamentali, impegnativi e delicati, per tutte le parti coinvolte. È necessario prestare attenzione a ciascun momento di feedback, per dare volto a quello che è il processo rieducativo vero e proprio. La verifica, da parte di figure autorevoli, serve a introiettare nel minore un modello adulto, promulgatore di regole da seguire, che aiuta ad essere guida nelle esperienze e ascoltatore. Sembrerebbe che un maggiore coinvolgimento e una maggiore partecipazione e consapevolezza agevolino l’assunzione di impegni e il portare a compimento il processo con esito positivo. In riferimento a quanto detto, il coinvolgimento della famiglia (qualora essa non sia elemento di disagio e devianza) contribuisce ad un miglioramento del progetto.
Con la MAP, si cerca di lavorare non solo sul minore, ma anche sulla famiglia che diventa, con le figure professionali, sprono e “controllore” dell’andamento del minore.
Il reato commesso dal minore coinvolge non solo quest’ultimo, ma anche la famiglia. Esso va a rompere gli equilibri interni al nucleo familiare, che si cerca di ricucire e curare con i colloqui dei vari esperti e percorsi di accompagnamento alla genitorialità. Con la MAP, si cerca di lavorare non solo sul minore, ma anche sulla famiglia che diventa, con le figure professionali, sprono e “controllore” dell’andamento del minore. Funzionali sono la collaborazione e la comunicazione tra le varie istituzioni coinvolte e gli enti territoriali: una concretizzazione dei progetti proposti permette al minore di riscontrarne una praticità, di non essere aleatoria e di avere una progettualità futura, per un reinserimento comunitario efficace e meno traumatizzante. La difficoltà di mantenere una connessione con le istituzioni educative, insorge al termine del processo di MAP, poiché, soprattutto se maggiorenne, non vi è più un accompagnamento graduale e “assistenziale” al minore. Fornire gli strumenti necessari (progetto professionale, rilevamento di competenze, acquisizione di certificati di apprendimenti scolastici/lavorativi) serve all’individuo per imparare a camminare da solo e a non farsi opprimere dalle difficoltà provenienti da un contesto nativo di disagio o dal pregiudizio comunitario.
A tal proposito, sensibilizzare ed educare la comunità all’accoglienza, con attività e progetti territoriali, servirebbe a migliorare notevolmente il reinserimento sociale e lavorativo dell’individuo. Si verrebbe a creare collaborazione, osservazione e dialogo, in un patto educativo progettato in divenire. Gli strumenti consentiranno al minore di ricercare opportunità lavorative che gli permetteranno di impegnarsi in una dimensione costruttiva, aumentando la propria autostima e acquisendo crescita e maturità. Gli spazi durante gli incontri di formazione e rieducazione, all’interno del progetto MAP, sono fondamentali per dare al minore l’opportunità di mettersi in discussione e di avere un confronto, per comprendere come analizzare costruttivamente ed interpretare il gesto commesso. Una delle criticità riscontrate è la tempistica dell’attuazione: c’è bisogno di un giusto equilibrio tra la durata del provvedimento e i tempi di attesa.
Le attese rischiano di essere controproducenti, per il messaggio alla base della promulgazione della MAP: se il minore è in continua crescita e sviluppo, il progetto pensato all’inizio potrebbe aver bisogno di subire modifiche nel momento dell’attuazione. Inoltre, un’attesa lunga può demotivare il minore nell’intraprendere e nel portare a termine il progetto. La dilatazione dei tempi e il non considerare il divenire del minore, potrebbero influire negativamente sull’esito positivo, favorendo recidive in un futuro prossimo.