Ogni giorno, in ogni parte del mondo, noi tutti ci muoviamo, attraversiamo le città per andare al lavoro, corriamo nei parchi, affolliamo le metropolitane e le vie piene di negozi. Ed è facile che i nostri occhi si posino distrattamente su un cartone o una coperta di lana poggiata sul marciapiede, su un carrello pieno di oggetti, su un paio di scarpe malconce e incrocino lo sguardo degli invisibili delle nostre città: le persone senza dimora.
Quello delle persone senza dimora costituisce un dato sociale in forte aumento, dove il dormire per strada è solo lo strato visibile e verificabile di una condizione ben più profonda di sofferenza. Il rischio è non solo quello di assuefarsi a questa realtà, smettendo di “vederla” davvero, ma soprattutto di dimenticare che si sta parlando di uomini e donne, di adolescenti e anziani, ciascuno custode della propria storia, unica e complessa, e ciascuno impegnato nella propria lotta quotidiana, non solo fisica ma anche mentale ed emotiva.
La povertà estrema: non solo materiale, ma anche esistenziale
Trovarsi “senza dimora” è infatti un concetto ben più ampio della mera mancanza di un tetto. È una povertà soprattutto esistenziale, di relazioni, di legami e di affetti.
La povertà estrema rappresenta il livello più basso e più critico di povertà che una persona o una famiglia può sperimentare, perché implica non solo la mancanza dei beni materiali per la sussistenza, ma coinvolge anche l’intreccio di fragilità personali e l’assenza di risorse sociali o l’incapacità di utilizzarle in funzione di una autonomia individuale.
Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento del profilo dei senza dimora: anziani che per morosità perdono la casa, padri separati obbligati a lasciare la casa coniugale che spesso si ritrovano a dormire in auto o nei dormitori cittadini, così come imprenditori di mezz’età costretti a chiudere per fallimento e stranieri soli. È importante sottolineare come, nella maggior parte dei casi, queste persone conducessero fino a poco tempo prima una vita in cui il pensiero di trovarsi a dover vivere per strada non era contemplato. Le difficoltà economiche, i problemi di salute mentale o di dipendenza e le fratture familiari non sono fattori portatori di esclusione sociale in sé. Ma è il venir meno di reti da cui attingere risorse materiali e simboliche (affetto, sostegno, identità, appartenenza) che aumenta il rischio di scivolare verso dinamiche di esclusione sociale, trovandosi improvvisamente intrappolati in uno stigma e condannati all’isolamento.
Il termine stesso di “esclusione” indica una separazione tra coloro che partecipano pienamente alla società e coloro che invece si trovano privati di un ruolo riconosciuto.
I senza dimora, avendo perso lo spazio dell’intimità, tentano faticosamente di ricostruirlo nell’unico luogo possibile, la strada, costruendo una barriera sempre più resistente tra se stesso e la realtà. Per tale motivo, il perdurare di questa condizione di invisibilità ostacola ogni forma di riscatto sociale poiché è generalmente accompagnata dalla perdita delle più elementari tutele giuridiche, partendo dalla perdita della residenza.
La residenza come diritto in sé e porta di accesso ai diritti: il doppio binario per i senza dimora
La residenza è un diritto, oggettivo e soggettivo, che rappresenta la porta di accesso ad una serie di diritti fondamentali riconosciuti dallo Stato, tra i quali l’accesso al Sistema Sanitario Nazionale, le prestazioni socio-assistenziali/previdenziali, il diritto al voto e il lavoro. Ottenere la residenza è il primo passo per la persona per ricostituire l’identità perduta, per allontanarsi da una condizione di estrema marginalità e per cercare di ricostruire la propria vita.
La legge definisce la residenza come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”, cioè dove vive e conduce la propria esistenza a livello familiare e sociale e può quindi essere diversa dal luogo identificato come domicilio (“luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”). La persona che non ha fissa dimora, invece, si considera residente ai fini anagrafici nel Comune dove ha stabilito il proprio domicilio, in quanto questo costituisce l’unico elemento che lo lega ad un determinato territorio.
Alcune città italiane, tra cui Bari, consentono l’iscrizione all’anagrafe comunale anche ai cittadini senza dimora (Legge anagrafica, Legge n. 1228 del 24.12.1954), garantendo un indirizzo legale quale punto di riferimento che favorisce il reinserimento nella società della persona, identificando la competenza territoriale dell’autorità verso la quale l’individuo può indirizzare eventuali richieste di supporto.
Il primo requisito per l’iscrizione anagrafica è costituito dal documento di identità in corso di validità, in mancanza del quale si procede “all’autentica della foto del richiedente, con l’assistenza di due testimoni provvisti di documenti che ne confermino l’identità”. (procedura prevista dall’art. 34 del d.P.R. n. 445 del 2000). L’iscrizione dei cittadini stranieri è subordinata alla regolarità del permesso di soggiorno.
Un ulteriore requisito è stabilito dalla Legge n. 94 del 2009 (parziale riforma della Legge anagrafica n. 1228/1954) che vincola la persona senza dimora a fornire all’ufficio anagrafe, al momento della richiesta di iscrizione, gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l’effettiva sussistenza del domicilio. (es. indicazione precisa del presidio notturno e relativa verifica).
Recentemente, in alcune città italiane, si ritrova anche un altro procedimento di iscrizione anagrafica, ovvero quello presso enti assistenziali pubblici o privati come associazioni di volontariato, comunità religiose e centri di assistenza sociale. In tal caso, il domicilio potrebbe coincidere con la sede della struttura assistenziale di riferimento. Nella città di Bari, la delibera comunale n.735 del 31 Ottobre 2018 dispone che chi intende eleggere il domicilio presso enti, dovrà osservare le regole indicate nel disciplinare fornito dall’Amministrazione comunale (es. frequenza minima del servizio e le modalità di mantenimento)
Sul territorio barese è presente lo Sportello di supporto all’iscrizione anagrafica per i senza dimora presso il Centro Polifunzionale per il contrasto alla povertà estrema “Area 51”, gestito dalla Cooperativa Sociale C.A.P.S. e finanziato dall’Assessorato al Welfare del Comune di Bari.
L’assenza della residenza è un problema concreto che gli operatori del sociale si trovano ad affrontare attraverso le richieste di persone la cui vita risulta bloccata. La residenza costituisce per molti una speranza: un obiettivo che è anche un punto di partenza.