Nel mio contesto di vita professionale e personale, sento sempre più parlare di dipendenza affettiva o, come indica la letteratura anglosassone, “love addiction”. Talvolta forse lo si fa anche un po’ a sproposito, ignorando il fatto che non si tratta di una forma di amore, caratterizzata da passione e intensità, ma di una vera e propria forma di dipendenza, che consiste in un interesse ossessivo verso la persona amata, a scapito dei propri bisogni. Per quanto pare sia un concetto che vada “di moda” e che, appunto, talvolta si tiri in ballo senza avere una piena concezione di quello che comporti, è in realtà un tema estremamente attuale che rappresenta una modalità relazionale patologica e che coinvolge un cospicuo numero di persone di entrambi i sessi e di tutte le età.
In realtà, per quanto si manifesti per lo più nelle relazioni sentimentali, questo tipo di dipendenza può svilupparsi anche nei confronti di altre persone significative, non solo verso il partner.
Nonostante questa doverosa premessa, proverei ad analizzarla e ad inquadrarla prendendo come contesto di riferimento quello delle relazioni amorose, essendo quello in cui la si può più frequentemente riscontrare.
Da precisare che un certo grado di dipendenza dal partner, è parte di ogni storia d’amore che possa dirsi tale, soprattutto nella fase dell’innamoramento, caratterizzata da un forte senso di intimità e passione, in cui il senso di fusione è particolarmente forte. Tale fase, definita dagli autori di “amore romantico”, è parte naturale dell’imperativo biologico della riproduzione umana ed è spesso caratterizzata da sintomi caratteristici dei disturbi di dipendenza: l’attenzione è focalizzata sull’oggetto d’amore, vengono riorganizzate le priorità personali, vi è un aumento dell’energia e delle sensazioni di euforia, sbalzi d’umore, risposte del sistema nervoso simpatico come sudorazione e batticuore, elevato desiderio sessuale, desiderio per l’unione emotiva, comportamenti orientati allo scopo e intensa motivazione per ottenere e mantenere il legame.
Quando però le caratteristiche più dipendenti diventano rigide, pervasive e disfunzionali, assumendo connotazione di necessità assolute, il rischio è di cadere nel versante più disfunzionale del legame amoroso, ovvero quello della dipendenza affettiva patologica.
La possibilità di andare oltre la fase dell’innamoramento e di amare l’altro, infatti, dipende proprio dalla capacità dei membri della coppia di percepirsi come individui separati, delineando dei sani confini personali, riconoscendo l’altro nella sua diversità, comprendendola e accettandola.
Quando invece il vincolo di coppia offusca i propri bisogni e desideri, incatenandoci all’altro offuscando la nostra individualità, possiamo parlare di dipendenza affettiva. Questa rientra, come nel caso di quelle tecnologiche, da cibo e da gioco, tra le dipendenze comportamentali.
Il dipendente affettivo dedica completamente tutto se stesso all’altro che assume il ruolo di un salvatore, divenendo lo scopo della sua esistenza; difatti, l’assenza del partner, anche temporanea, causa un profondo senso di angoscia e di preoccupazione. Essendo mossi dalla costante paura della separazione e della solitudine, chi è affetto da dipendenza affettiva non riesce a cogliere ed a beneficiare dell’amore nella sua profondità, ma è più che altro mosso in ogni suo gesto dal tentativo di non essere abbandonato. Al fine di scongiurare questo rischio, si assiste ad una totale eliminazione dei propri confini personali, facendo sì che la persona che ne soffre diventi quasi un tutt’uno con la persona oggetto della sua dipendenza. Inoltre, si tenta di controllare l’altro con comportamenti compiacenti e di estremo sacrificio, disponibilità e accudimento, con la speranza di instaurare una relazione stabile a lungo termine. Di conseguenza, si assiste ad un progressivo abbandono delle attività sociali, professionali o di svago prima appartenenti al dipendente.
L’origine della dipendenza affettiva: le correlazioni con le esperienze infantili
Ma cosa si nasconde dietro la dipendenza affettiva? Alla sua origine, spesso c’è una storia passata di abbandono e trascuratezza da parte delle figure di attaccamento. Gli adulti dipendenti sono stati spesso bambini i cui bisogni d’amore, riconoscimento e rispecchiamento non sono stati soddisfatti, da uno o da entrambi i genitori.
L’autostima nella vita adulta, di conseguenza, è molto ridotta, perché la persona dipendente è abituata a non ritenersi degna d’amore; le conseguenze sono una forte paura dell’abbandono e dell’intimità.
Al fine di far rendere l’idea di quanto possa essere forte e intensa la sintomatologia provata dal dipendente affettivo, basti pensare che alcuni studi di neuroimaging hanno evidenziato come in questi ultimi, la distanza dal partner provochi l’attivazione delle stesse aree cerebrali che provoca il craving, quindi il forte desiderio, da droga. Difatti, come un dipendente da droghe, il soggetto dipendente cerca “dosi” affettivamente sempre maggiori di presenza e di tempo da spendere insieme al partner, esattamente come i tossicodipendenti aumentano progressivamente la quantità di droga assunta abitualmente per ottenere l’effetto desiderato. Inoltre, quando la storia d’amore finisce, le persone innamorate hanno dei sintomi di astinenza simili a quelli che si riscontrano nella sindrome d’astinenza dei tossicodipendenti, quali ansia, depressione, insonnia o ipersonnia, irritabilità, perdita dell’appetito o abbuffate che, esattamente come avviene nella tossicodipendenza, portano alla ricaduta; nella dipendenza affettiva avere una ricaduta vuol dire cercare nuovamente il partner nonostante sia stato ad esempio violento o infedele. Difatti, generalmente, i dipendenti affettivi sono consapevoli degli effetti nocivi che il partner ha nella loro vita, o per lo meno è plausibile che lo divengano con il tempo, ma, esattamente come i tossicodipendenti, non riescono ad astenersi dalla relazione.
Come uscirne: strategie e supporto terapeutico
Come muoversi, allora, in questo scenario così variegato? Spesso parenti e amici tentano di aiutare la persona dipendente ad uscire dalla relazione, mostrandole le prove razionali della sua dipendenza oltre che della disfunzionalità del legame, basandosi sulla sua presunta capacità di allontanarsi con facilità dal partner dinanzi a tali dimostrazioni. Questi tentativi di ragionamento razionale spesso però si scontrano con una sensazione di paura e di vuoto provata dal dipendente al solo pensiero di perdere il partner; tale sensazione non ha nulla di razionale, ma si fonda su radici profonde che hanno a che fare con i vuoti emotivi da lui vissuti.
Il trattamento della dipendenza affettiva è pertanto consigliabile che avvenga affidandosi ad un esperto all’interno di una terapia: questo è un processo lungo, ma possibile, di scoperta e rafforzamento del proprio sé e della propria autostima, passando dalla rielaborazione dei ricordi dolorosi legati a qualche forma di abbandono e trascuratezza, sia fisica che emotiva, sperimentata durante l’infanzia. Grazie a questo lavoro, il paziente costruisce un senso di amabilità e valore personale, riuscendo con il tempo a creare le basi per instaurare delle relazioni affettive fondate sulla reciprocità, ove sentirsi amato e accettato.