Per gli addetti ai lavori e gli stranieri presenti sul territorio, il 2024 si è concluso con l’ennesimo provvedimento legislativo volto a modificare in maniera sostanziale il Testo Unico Immigrazione (d.lgs. 286/1998).
Si tratta del decreto-legge n. 145/2024, cosiddetto “Decreto Flussi”, recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale, nonché dei relativi procedimenti giurisdizionali, successivamente convertito con legge n. 187 del 09/12/2024.
All’interno del provvedimento in questione sono confluite una pluralità di modifiche sostanziali, comprese quelle inizialmente introdotte dal d.l. 158/2024, cosiddetto D.l. Paesi sicuri, al fine di velocizzare le operazioni relative all’iter di conversione in legge, oltre che per questioni di sistema.
L’ampiezza delle aree di intervento è immediatamente desumibile già dalla struttura del decreto in esame, che risulta così suddiviso:
- Capo I – Modifiche alla disciplina dell’ingresso in Italia dei lavoratori stranieri
- Capo II – Disposizioni in materia di tutela dei lavoratori stranieri vittime dei reati di cui agli articoli 600, 601, 602, 603-bis del codice penale e altre disposizioni di contrasto al lavoro sommerso
- Capo III – Disposizioni in materia di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale
- Capo IV – Disposizioni processuali
- Capo V – Disposizioni transitorie e finali
Le norme per combattere lo sfruttamento lavorativo: il capo II del D.L. 145/2024 e l’art. 18-ter
Tra le principali modifiche, spicca l’introduzione dell’art. 18-ter nell’ambito del d.lgs. 286/1998, che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per gli stranieri vittima di intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo (art 603-bis del codice penale). Questa specifica forma di permesso di soggiorno sostituisce quello precedentemente previsto dall’art. 22 comma 12 quater, soggetto ad abrogazione (qui per una nostra precedente disamina sul sistema legislativo italiano in materia).
Ai fini dell’emissione del permesso di soggiorno ex art. 18-ter è necessario che, nell’ambito di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per il reato di cui all’art. 603-bis cp:
- si accertino situazioni di violenza, abuso o sfruttamento del lavoro nei confronti del lavoratore straniero presente sul territorio nazionale. Tali situazioni di sfruttamento lavorativo possono essere segnalate all’autorità giudiziaria o al questore anche dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che, nel caso, esprime un parere in merito all’eventuale rilascio del pds;
- Il lavoratore vittima di sfruttamento cooperi utilmente all’emersione dei fatti di reato e all’individuazione dei responsabili.
Al rilascio in favore della vittima e del suo eventuale nucleo familiare procede “con immediatezza” il questore, su proposta dell’autorità giudiziaria procedente. Il suddetto permesso, recante la dicitura “casi speciali”, ha una durata iniziale di sei mesi ed è rinnovabile per un anno o per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia; inoltre, consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonché l’iscrizione nell’elenco anagrafico e lo svolgimento di lavoro subordinato e autonomo.
Alla scadenza, resta ferma la possibilità di conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero in motivi di studio, al di fuori delle quote.
Il comma 4 dell’art. 18-ter interviene sulle cause di revoca del pds in parola, prevedendo che venga revocato in caso di condotta incompatibile con le finalità dello stesso, segnalata dal procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, o comunque accertata dal questore, o quando vengono meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio. Parimenti, si prevede che, nel caso in cui lo straniero venga condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata ai sensi dell’art. 444 del Codice di procedura penale (cd “applicazione della pena su richiesta delle parti”), per il reato di sfruttamento di cui all’art. 603-bis del Codice penale, è possibile disporre la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione ai sensi dell’art. 13 TUI (espulsione amministrativa).
Possibili applicazioni pratiche e criticità
Come ogni provvedimento in tema di immigrazione, soprattutto quelli forieri di un così gran numero di novità, dopo la prima interpretazione letterale è sempre bene attendere di vederne l’applicazione concreta.
Tuttavia, già dalla lettura della norma è possibile trarre una prima serie di valutazioni rispetto agli aspetti migliorativi e/o peggiorativi in confronto alla normativa previgente, di cui all’abrogato art. 22 comma 12 quater del D.lgs. 286/1998.
In primo luogo, è bene sottolineare che il tenore letterale dell’art. 18-ter lascia intendere la necessità che, dalla cooperazione del cittadino straniero, derivi un apporto attivo, utile e concreto alle indagini, ove si legge che deve “contribuire utilmente all’emersione dei fatti e all’individuazione dei responsabili”, laddove, nel previgente art. 22, si prevedeva semplicemente una condotta non oppositiva da parte dello stesso nei confronti dell’attività dell’autorità giudiziaria. In seconda battuta, sempre dalla lettura diretta della normativa sembra che al rilascio di suddetto permesso si possa ottemperare esclusivamente nell’ambito di operazioni di polizia giudiziaria o indagini, contrariamente all’opportunità, di cui alla normativa previgente, di procedere a seguito di denuncia del lavoratore.
Ambedue questi aspetti, se confermati nell’applicazione effettiva della normativa, potrebbero dar luogo a profili di problematicità, in quanto sembrano delineare condizioni decisamente più restrittive per l’ottenimento di questa specifica forma di protezione.
Una valutazione indubbiamente positiva, invece, deriva dall’indicazione espressa rispetto all’opportunità di rilascio di permesso di soggiorno anche in favore dei familiari della vittima, per quanto fosse prassi in parte già diffusa, nonché l’enunciazione esplicita della necessità di provvedere al rilascio “con immediatezza”, specifica di particolare utilità, soprattutto in considerazione degli ormai sistemici ritardi della PA in tale campo.
Dallo scenario sopra delineato, per quanto ancora caratterizzato dall’approssimazione che si confà ad un quadro legislativo di così recente approvazione, sorgono numerosi spunti di riflessione, che i vari attori coinvolti nel sistema anti tratta italiano, istituzionali e non, dovranno elaborare e mettere in pratica nel complesso lavoro di emersione e sostegno alle vittime.